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Protesi di ginocchio

domande e risposte

Le artroprotesi di anca: se avete domande specifiche lasciate un commento e non mancheremo di rispondere.

  • L’articolazione del ginocchio è formata dalle articolazioni femoro tibiale interna ed esterna e dall’articolazione femoro rotulea. Quindi il ginocchio è composto da 3 articolazioni.

    Le protesi parziali chiamate “monocompartimentali”, sostituiscono soltanto una di queste articolazioni. Si tratta sopra tutto della femoro tibiale interna.

    Le protesi totali sostituiscono tutte e tre le articolazioni.

  • Quando l’handicap legato all’usura articolare è troppo fastidioso e limitante nelle vita quotidiana e quando la fisioterapia ed i trattamenti farmacologici (antinfiammatori, infiltrazioni) non sono più efficaci: a questo punto un intervento di protesi di ginocchio si impone.

    La protesi non è un semplice rimedio contro il dolore locale: stabilizzando un’articolazione deformata e a funzionalità ridotta, la protesi di ginocchio permette anche di ridurre lo stress sull’anca e la caviglia, e quindi di migliorare la qualità di vita.

  • Ad eccezione di postumi di frattura, si tratta di malattie reumatologiche.
    La più frequente è l’artrosi. L’origine della gonartrosi (artrosi del ginocchio) è nella maggior parte dei casi meccanica.

    Le artriti infiammatorie sono delle cause meno frequenti.

  • Le protesi di ginocchio necessitano di una struttura ossea di qualità perché sia garantito un buon posizionamento.
    Una grave osteoporosi può dunque complicare l’intervento, con l’obbligo di utilizzare protesi con fissazione più distale tramite fittoni.
    Solo in casi estremi l’osteoporosi può essere un controindicazione all’intervento.

  • Una protesi totale di ginocchio è composta da 2 componenti in lega di Cromo Cobalto Molibdeno + Nichel che scivolano su un cuscinetto di polietilene di spessore variabile.
    Per i pazienti allergici al Nichel, si può utilizzare delle protesi diverse ( Tivanium, Titanium, Oxinium).

    Le protesi di ginocchio sono nella grande maggioranza dei casi cementate, ma esistono anche delle protesi con trattamento di superficie particolari (Macroporosita, Tantalium) che permettono la fissazione senza cimento quando l’osso è di buona qualità.

    Non esistono materiali indistruttibili, né materiali che con il tempo non si usurino. Ogni materiale impiantato deve poter essere rimosso, in caso di necessità.

  • È difficile di rispondere formalmente alla domanda ma statisticamente più del 85% delle protesi di ginocchio impiantate sono ancora in sede dopo 15 anni.

    Il reintervento per sostituire tutta o una parte della protesi è un evento indesiderato, ma non è una complicanza e deve essere sempre preso in considerazione nella vita di un paziente portatore di una protesi da oltre 15 anni.

  • Ogni operazione chirurgica comporta dei rischi e le comorbidita associate possono aumentare questi rischi. Il rischio zero non esiste, ma il lavoro dell’équipe chirurgica e anestesiologica consiste nel prevenire le complicanze nella misura del possibile.

    • L’ematoma è possibile se pensiamo che l’osso viene sezionato (i globuli rossi sono fabbricati nelle ossa). Nella maggior parte dei casi l’ematoma si riassorbe spontaneamente. Un’ecchimosi (colorazione blu della pelle senza raccolta) non deve essere scambiata con un ematoma.
    • L’infezione acuta è rara. La contaminazione avviene attraverso la pelle e questo giustifica le draconiane precauzioni intorno a questa chirurgia: ambiente sterile, maniacale preparazione del sito chirurgico sia in reparto che nel blocco operatorio, somministrazione preventiva di antibiotici.
    • La flebite (coagulo in una vena) è prevenuta con un trattamento sistematico di anticoagulanti, facendo alzare il paziente precocemente e facendogli indossare delle calze antitrombo. Tuttavia, la possibilità che questa possa sopravvenire e la sua potenziale gravità (embolia polmonare), devono incitare l’équipe chirurgica a riconoscerne i segnali e, al minimo dubbio, a far effettuare un esame doppler.
    • Una frattura ossea al momento dell’impattazione degli impianti o dopo la ripresa del carico, viene spesso evidenziata secondariamente. Questa complicanza giustifica ldi effettuare delle radiografie post operatorie, che vengono poi ripetute intorno alla prima settimana postoperatoria sulla base della sintomatologia.
    • La lussazione della protesi è rare e spesso dovuta ad una lassista legamentosa.

    L’ematoma, l’infezione, la frattura e la lussazione possono rendere necessario un reintervento in urgenza.

  • Ogni intervento, con l’anestesia che l’accompagna, può far correre un rischio. Se lo stato generale del paziente è buono, questo rischio è minimo. Se lo stato generale è precario (età molto avanzata, gravi malattie cardiache, renale o polmonari, obesità), questo rischio deve essere perfettamente valutato e spiegato prima dell’itevento, in particolare durante la visita pre anestesiologica. Ricordiamoci che il posizionamento di protesi di ginocchio è considerato un intervento cosiddetto di “confort”.

    • La rigidità cioè una flessione inferiore a 90° o un’estensione incompleta (flessum), è un inconveniente funzionale, nella maggioranza dei casi legato ad una carenza nella rieducazione o ad una rigidità preesistente. Può, a volte, essere necessario effettuare una flessione in anestesia generale (raramente dopo oltre i due mesi dall’intervento).
    • L’usura e le sue conseguenze sono fenomeni ineluttabili dopo 15 anni dall’intervento. Essendo asintomatica, visto che la protesi non è innervata, è auspicabile un controllo radiografico regolare. L’usura può portare ad un reintervento.
    • La mobilizzazione, cioè la rottura dei mezzi di unione tra l’osso e gli impianti, che siano o meno cementati, conducono all’apparizione di dolori e ad un probabile reintervento. All’origine del fenomeno di mobilizzazione ci può essere la “fatica” del cemento ( per le protesi cementate) o quella dell’osso (per quelle non cementate), ma anche la presenza di detriti d’usura del polietilene e conseguente osteolisi. La diagnosi di mobilizzazione, si basa sugli esami radiografici, sulla scintigrafia e sull’esame tc. Può sopravvenire rapidamente ed in questo caso si parla di non fissazione primitiva. La mobilizzazione si verifica più di frequente tardivamente ed è spesso associata all’usura.
    • L’infezione tardiva sopravviene nella maggior parte dei casi per via ematogena a partire da un focolaio (denti, vescica, polmoni) da qui l’interesse di una valutazione preoperatoria di questi. Successivamente è fondamentale che il soggetto portatore di protesi curi in modo particolare l’igiene. L’infezione porta spesso ad una mobilizzazione e ad un reintervento.
    • La rottura dell’impianto è un evento raro e fastidioso che porta ad un reintervento spesso difficile ed urgente.
  • No: “rigetto”è un termine improprio che caratterizza in realtà la non riuscita di un trapianto per un motivo immunitario. I materiale industriali utilizzati per la composizione delle protesi di ginocchio sono inerti, bio compatibili ed i fenomeni di allergia sono rari.
    I frammenti di usura del polietilene sono tossici e possono dare luogo a dei fenomeni infiammatori dolorosi (granuloma, osteolisi, mobilizzazione).

    Un’infezione della zona della protesi può trasformarsi in rigetto.

  • Come tutto intervento chirurgico, l’artroprotesi di ginocchio può essere ritenuta come doloroso. Le terapie contro il dolore sono molto numerose e codificate. L’anestesista, che gestisce questa competenza, spiegherà al paziente i diversi modi di prevenzione e di cura contro il dolore post operatorio. Di norma, i dolori essenziali si attenuano dopo 48 ore.

  • Se si tratta di un’indicazione di gonartrosi banale e al di fuori di una morfologia particolare, la durata dell’intervento oltrepassa raramente le 75’.
    Per un intervento di sostituzione occorrono 2 o 3 ore.

    È necessario non confondere la durata dell’atto operatorio con il tempo che il paziente trascorre nel reparto operatorio. Di fatto il paziente passa più ore nella “sala operatoria dove si realizza la preparazione all’intervento, l’intervento stesso, il “risveglio” del paziente con monitoraggio dei suoi parametri vitali e la radiografia di controllo. Il paziente che è autorizzato a ritornare in camera, è stabilizzato dal punto di vista dei parametri vitali e la terapia antidolorifica è stata impostata.

  • Un’ora di chirurgia, ma di fatto tre o quattro ore di stazionamento nel reparto operatorio se si contano i trasferimenti, la preparazione, l’anestesia, l’intervento ed il risveglio. Ed occorre calcolare un tempo maggiore nei casi di sostituzione.
    Una settimana di ricovero che può essere prolungata fino a 10 g per un caso difficile o una revisione.
    Nei casi semplici e quando il paziente lo richiede, il ritorno a casa può avvenire anche in terza giornata.
    Un mese di rieducazione per ricuperare una completa autonomia.

  • La rieducazione post operatoria immediata è indispensabile per rimettere in piedi il paziente al massimo in 24 ore.
    In un secondo tempo, l’obiettivo della rieducazione è quello di correggere un certo numero di vizi posturali acquisiti col tempo: asimmetria del passo, posizioni scorrette di compensazione, ritrazioni e deficit muscolare.

    L’obiettivo è di ritrovare un ginocchio più “normale” possibile, quindi indolore, mobile e stabile (deambulazione senza stampelle, né zoppìa).

  • Per guidare occorre la forza di appoggio sui pedali e la reattività per frenare. Ragionevolmente, per un primo impianto si può pensare a ritornare alla guida dopo circa un mese e due mesi dopo una revisione, quando si abbandona progressivamente le stampelle.
    Esiste di più un problema di possibile non copertura assicurativa in casi di incidenti e consigliamo di contattare il suo assicuratore per chiarire le condizioni della sua polizza.

    Così, ragionevolmente, è sconsigliato guidare l’auto per un mese o, meglio, fino all’abbandono delle stampelle.

  • Questo dipende dal tipo di lavoro. Un’attività sedentaria potrebbe essere ripresa una o due settimane dopo l’intervento. Un lavoro di forza necessiterà una sospensione di circa 2 mesi.

    In ogni caso, un buon mese di convalescenza, dedicato alla riabilitazione potrebbe essere un tempo minimo da suggerire.

  • Sì, e bisogna separare le visite in due tipi:

    • quelle del primo anno postoperatorio che verificano il ricupero dell’escursione articolare, la correzione dei difetti della deambulazione e la corretta fissazione della protesi con i Rx fatti a 6 e 12 mesi;
    • quelle successive più o meno a scadenza bi annuale per verificare il mantenimento del tono muscolare e l’assenza di deteriorazione della fissazione ossea della protesi su Rx in AP e LL.

    L’usura della protesi diventa dolorosa solo quando i detriti creano una flogosi con progressivo scollamento degli impianti. Solo un monitoraggio delle radiografie può evidenziare segni di usura e rendere possibile un trattamento anticipato.

  • Gli sport senza impatti e senza rischi di distorsioni sono raccomandati se lo stato generale lo permette: nuoto, bicicletta, ginnastica a terra. Le attività a rischio sono sconsigliate: arti marziali, calcio, tennis. La corsa a piedi, visti i ripetuti i choc da impatto, non è ideale.

  • Sì, se lo stile di vita è rigoroso, se non si eccede con il peso, se si evitano “colpi” ripetuti.
    No, se la vita “normale” è quella di un kamikaze.
    L’attività fisica è consigliata poiché mantiene il tono muscolare, necessario a mantenere in forza la struttura ossea. Inoltre, il movimento articolare lubrifica in modo naturale l’articolazione protesizzata.

    Lo screaning di eventuali infezioni periferiche (dentarie, vescicali, polmonari ) ha un’importanza capitale per la longevità di una protesi.

  • Occorrono da sei mesi ad un anno. Oltre questo lasso di tempo, soltanto la muscolatura può fare dei progressi per un ulteriore anno.

  • Vista la massa metallica e la sensibilità maggiore dei metal detector, la protesi può effettivamente far suonare gli allarmi degli aeroporti. Un semplice attestato stilato dal chirurgo, permette di affrontare questo evento senza problemi.

Commenti
maria
21 GIUGNO 2016 A 11:01
sono stata operata 5 mesi fa di artropotesi totale al ginocchio, noostante una buona mpobilità soffro di dolori ‘bruciore’ alla tibia e dolore al polpaccio posteriore vicino l’attaccatura del ginocchio per cui non riesco a fare tragitti di più di cento metri e non riesco a stare ferma in piedi per più di un minuto; la radiografia di controllo di un mese fa npon porta spostamenti della protesi. A cosa imputare il bruciore osseo ed il dolore al polpaccio, cosa fare? Grazie per la risposta
saluti Maria Ottaviano
Dottor Bernard Gassend
21 GIUGNO 2016 A 14:04
I dolori dopo protesi di ginocchio sono possibili per 6/8 mesi, ma normalmente si tratta di un dolore che sminuisce progressivamente.
La prima cosa da fare è di effettuare una visita con il suo ortopedico che le prescriverà un controllo dei valori biologici (VES,PCR e Emocromo) per eliminare un fattore settico e forse un doppler per verificare l’assenza di trombosi.
Cordiali saluti.
BIAGIO
3 GENNAIO 2020 A 21:13
SALVE UNA PERSONA DI ANNI 75 CON VALVOLA MITRALICA E DEFIBRILLATTORE PUO FARE GLI INTERVENTO PER PROTESI AL GINOCCHIO CHE IL GINOCCHIO PERCHE’ CE UNA GRASSA ARTROSI AL GINOCCHIO ATTENDO RISPOSTA?
Dottor Bernard Gassend
8 GENNAIO 2020 A 18:21
Buonasera,
ogni situazione è da valutare con cura in sede del pre ricovero, dove, ogni paziente in lista per un intervento di protesi sarà controllato dal medico internista, dall’anestesista e dal cardiologo. Solo dopo, sarà confermata la possibilità di accedere alla chirurgia. Tuttavia, il primo passo è di effettuare la visita ortopedica per valutare la necessità di n’intervento di protesi. Un primo passo sarebbe di chiedere al suo cardiologo il benestare per effettuare un’intervento chirurgico di protesi di ginocchio.
Cordiali saluti.
achille pecorari
22 DICEMBRE 2020 A 17:31
buon giorno sono stato operato di protesi totale al ginocchio 6 mesi fa ho effettuato tutta la fisioterapia del caso ma purtroppo mi è rimasto un ginocchio piuttosto gonfio ho anche provato a fare delle sedute di tecar terapia ma con risultati minimi rimane gonfio è anomalo ? le radiografie fatte ad ottobre ed era tutto regolare mi dicono che ci vuole tempo se è possibile avere una vostra opinione vi ringrazio
Dottor Bernard Gassend
3 GENNAIO 2021 A 7:08
EDIT Buongiorno signor, se il ginocchio non è doloroso e non presenta limitazione nella mobilità dovrebbe migliorare poco a poco. Nel caso contrario, bisogna rivedere il suo ortopedico per forse, fare qualche accertamenti. Le consiglierei di smettere ogni riabilitazione per una decina di giorni, di prendere un antinfiammatorio e di applicare del ghiaccio 3 volte al giorno per 20′
Cordiali saluti.
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